I cittadini stranieri devono ricevere le stesse opportunità di accesso alle prestazioni di welfare, anche se sprovvisti del titolo di soggiorno di lungo periodo. Lo ha ribadito la Corte Costituzionale nel comunicato stampa del 12 gennaio, che anticipa i contenuti della sentenza con la quale la Consulta ha dichiarato incostituzionale la normativa italiana sulla concessione dell’indennità di maternità e del bonus bebè, nella parte in cui esclude da tali prestazioni gli extracomunitari privi di permesso di lungo soggiorno, confermando, dunque, ampiamente la linea difensiva promossa dall'Inca e dai suoi avvocati, Amos Andreoni e Vittorio Angiolini.
La decisione della Consulta – commenta Andreoni - appare un monito per il legislatore, passato e futuro, non più autorizzato ad introdurre discriminazioni nell'accesso ai diritti sociali, a partire da quelli attinenti al nucleo fondamentale dei bisogni vitali”.
La sentenza, ricorda il legale, origina a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 2 settembre 2021 (C350/20) provocata anche da un procedimento giudiziario nato dall'operatività dell'Inca.
“Al riguardo – spiega Andreoni -, è stato infatti evidenziato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, il principio di eguaglianza posto dall'art. 3 della Costituzionale non tollera disparità di trattamento ricollegabili al solo fatto di essere inflitte a chi risulti ‘straniero’, ossia non cittadino italiano, giacché, “pur potendo il legislatore valorizzare le esistenti differenze di fatto tra cittadini e stranieri (sentenza n. 104 del 1969), esso non può porre gli stranieri (o, come nel caso di specie, una certa categoria di stranieri) in una condizione di ‘minorazione’ sociale senza idonea giustificazione, e ciò per la decisiva ragione che lo status di straniero non può essere di per sé considerato «come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi» (così la sent. n. 186 del 2020).