L’infarto da stress è un infortunio sul lavoro. La Cassazione impone all’Inail di riconoscere la rendita ai familiari superstiti. Con la sentenza n. 5814/22, l’Alta Corte pone fine ad una vicenda giudiziaria che vede contrapposti gli eredi di un lavoratore deceduto a seguito di un arresto cardiaco, che lo ha colpito durante una trasferta professionale in Cina, a cui l’Istituto aveva negato la prestazione prevista per gli eredi.
Il ricorso al terzo grado di giudizio si è reso necessario, a seguito delle pronunce emesse prima dal Tribunale dell’Aquila e poi dalla Corte d’Appello del capoluogo abruzzese, con le quali, per ben due volte, era stata respinta l’ipotesi di un infortunio in itinere, con la conseguente decisione di respingere la richiesta di rendita all’Inail.
Nel caso specifico, la vittima si trovava in Cina per motivi di lavoro, in una condizione di forte stress lavorativo dovuto alla cancellazione del volo di rientro in Italia per maltempo che lo aveva costretto ad una lunga attesa in aeroporto, ad un pernottamento di fortuna in un albergo e ad un successivo viaggio in treno di oltre 700 km sino a Pechino per partecipare ad un incontro di lavoro, con un periodo di veglia di quasi 24 ore consecutive, a seguito del quale è stato colto dall’infarto fatale in una stanza d'albergo. Nonostante le oggettive stressanti condizioni lavorative, la Corte territoriale, escludendo l’infortunio in itinere, ha ritenuto infondata la richiesta di rendita ai superstiti rilevando che la vittima fosse stata esposta ad semplice un rischio generico (dovuto alla cancellazione del volo), cui possono essere esposti, in modo indifferenziato, tutti coloro che viaggiano in aereo, negando quindi il nesso eziologico e con esso l'infortunio in itinere, che gli avrebbe permesso di accedere alla tutela Inail.
Tesi censurata in Cassazione che richiamando il Testo Unico 1124/65 sulla sicurezza nei posti di lavoro, ha sottolineato come “l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, precisando che l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti”, come nel caso specifico. Non rientra nella tutela solo il cosiddetto “rischio elettivo”, vale a dire la scelta del tutto arbitrata del lavoratore che sceglie un percorso diverso, senza un’appurata necessità.