Il pensionamento anticipato a 62 anni del personale viaggiante è una opzione che deve essere espressamente esercitata dal lavoratore e l’azienda non può avviare nessun licenziamento. Con diverse sentenze del 2021, la Corte di Cassazione, patrocinate dalla Filt Cgil e dall’Inca, ha sancito un importante principio di diritto a tutela dei lavoratori che intendono rimanere in servizio oltre l’età anagrafica minima prevista per il pensionamento anticipato del personale viaggiante (Cass. n. 14813; 14814 e 14394 del maggio 2021).
Il regime previdenziale speciale che consente al personale viaggiante di anticipare di 5 anni l’accesso alla pensione di vecchiaia è una scelta che può essere esercitata e non un vincolo ineludibile. La Cassazione infatti afferma: “Nelle aziende addette ai pubblici servizi di trasporto, per le quali opera il regime previdenziale speciale introdotto dal d.lgs 29 giugno 1996, n. 414, un addetto al personale viaggiante ultrasessantenne in possesso del requisito anagrafico per il conseguimento della pensione di vecchiaia anticipata, previsto al raggiungimento di un’età ridotta di 5 anni rispetto a quella tempo per tempo in vigore nel regime generale obbligatorio, non può essere licenziato ai sensi dell’art. 4, comma 2, legge n. 108 del 1990, in presenza di una volontà espressa dal lavoratore medesimo volta a non accedere al pensionamento anticipato ed a permanere in servizio”.
Secondo Filt Cgil e Inca, “il fatto che il personale viaggiante del trasporto pubblico locale possa andare in pensione 5 anni prima non significa che ci deve andare per forza”. Queste sentenze, dunque, ripristinano un diritto che rischiava di essere messo in discussione dall'alto numero di licenziamenti prematuri, già rilevati dal sindacato di categoria e rappresentano un monito per le aziende del settore che potrebbero ricorrere al licenziamento automatico del personale viaggiante al compimento dei 62 anni di età.