Sull’immigrazione cambiare si può e si deve. Con questa consapevolezza si è chiusa l’esperienza del progetto Shubh, grazie al quale più di 300 immigrati, titolari di protezione internazionale, hanno potuto lasciarsi alle spalle i centri di accoglienza trovando all’esterno una rete di servizi integrati, che ha consentito loro di inserirsi nella nostra società con maggiore autonomia e una consapevolezza dei propri diritti.
Shubh, o buona rete, come hanno voluto tradurre il termine i promotori del progetto, è stato realizzato con i fondi Fami dell’Unione Europea, sotto la vigilanza del Ministero dell’Interno, che era l’autorità responsabile. Protagonisti assoluti il Patronato della Cgil, l’Inca, come capofila, Arci, Auser e Sunia che, ciascuno per la propria area di competenza, hanno facilitato le famiglie nell’inserimento scolastico dei propri figli, nella ricerca di un lavoro anche attraverso un’adeguata formazione professionale e nell’acquisizione di un adeguato livello di conoscenza della lingua italiana. L’input è stato per tutti quello di rendere più autonomi i titolari di protezione internazionale che, spesso, una volta superata la prima fase di accoglienza nel nostro paese si trovano spersi senza punti di riferimento.
I partner del progetto Shubh, insieme alle strutture territoriali della Cgil, che hanno dato un supporto significativo, hanno rotto questo isolamento aprendo sportelli in 7 regioni italiane, scegliendole tra quelle particolarmente interessate dalle ondate migratorie. Un lavoro sperimentale che ha avuto l’ambizione di sviluppare un nuovo modello di integrazione e di inclusione sociale rompendo i muri della diffidenza e della discriminazione.
“Si è trattato di un progetto molto ambizioso – ha spiegato nel suo intervento il Presidente di Inca Michele Pagliaro – portato avanti con molta tenacia, che ci ha permesso di raggiungere gli obiettivi ben oltre quelli prefissati dimostrando ancora una volta come l’Inca sia una straordinaria rete di prossimità”.
Numerosi gli interventi all’evento di chiusura, che si è svolto ieri presso la sede della Cgil nazionale: Francesca Grassi, coordinatrice del Progetto Shubh, Walter Massa, presidente Arci nazionale, Fabrizio Maddalena, dell’Auser, Giuseppe Sposato, del Sunia, oltre naturalmente le testimonianze di chi ha lavorato nei territori e che ha dato sostanza al progetto.
Rosa Aquilina, dell’assessorato alle Politiche sociali e della salute di Roma Capitale, ha sottolineato che il progetto Shubh ha creato una sinergia di intenti, tale per cui è stato siglato un protocollo di intesa, grazie al quale il progetto potrà andare avanti ben oltre il termine fissato del 31 dicembre 2022.
Per tutti, dunque, l’esperienza di Shubh deve essere considerata un inizio di percorso e non una fine. “Il progetto ci ha insegnato che un modello diverso di inclusione e di integrazione è possibile – ha affermato Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil –. Con queste iniziative noi possiamo rendere più forte quelle persone che vogliono costruirsi la propria autonomia nel passaggio della cittadinanza”.