La Cgil conferma il giudizio negativo sulla manovra di bilancio appena approvata dal senato in via definitiva. I parziali avanzamenti, frutto delle proposte del sindacato, sostenute dalle iniziative di mobilitazione messe in campo nelle settimane scorse, come l’innalzamento della soglia sulla quale il cuneo contributivo viene ridotto, l’indicizzazione fino a 5 volte il minimo e altri interventi minori) non rappresentano una risposta adeguata all’aumento dell’inflazione e all’impoverimento di salari e redditi e della precarietà.
In particolare, le modifiche apportate alla manovra di Bilancio sul capitolo previdenza prevedono solo peggioramenti e non vi è alcuna traccia degli impegni assunti dal Governo. Viene rivista nuovamente l’indicizzazione dei trattamenti pensionistici (ivi compresi quelli di natura assistenziale), per gli anni 2023 e 2024.
La revisione delle percentuali di indicizzazione dei trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS, prevede per fasce la seguente rivalutazione automatica:
4 85% (in luogo dell’80%) per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS;
4 53% (in luogo del 55%) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS;
4 47% (in luogo del 50%) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS;
4 37% (in luogo del 40%) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a dieci volte il trattamento minimo INPS;
4 32% (in luogo del 35%) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a dieci volte il trattamento minimo INPS.
Per la Cgil, il taglio alla rivalutazione continua a essere rilevante: la rimodulazione della percentuale di rivalutazione che alza dall’80% all’85% le pensioni tra 4 e 5 volte il trattamento minimo è insignificante e determinerà un aumento solo di qualche euro (in media 8 euro lorde al mese). Si decide di ridurre ancora la percentuale per i redditi di pensioni superiori a 5 volte il trattamento minimo (2.626,90 euro lorde, circa 2.000 euro nette), stiamo parlando non della pensione dei ricchi, come ha sostenuto la presidente del Consiglio, ma degli assegni di impiegati e operai specializzati che hanno lavorato e versato contribuiti per 40 e più anni. Rispetto alla seconda modifica relativa all’indicizzazione, il Governo continua a rivendicare di aver alzato le pensioni minime a 600 euro. In realtà si tratta di un intervento parziale, solo per il 2023, che è rivolto esclusivamente a coloro che hanno già compiuto 75 anni di età, riducendo la platea dei beneficiari a circa 600.000 pensionati, con un costo complessivo di 270 milioni di euro a fronte dei 3,5 miliardi tagliati per questo capitolo solo nel 2023, 17 miliardi nel triennio 2023-2025.
Per quanto riguarda l’aumento all’80 per cento della retribuzione dell’indennità percepita per il primo mese di astensione facoltativa (congedi parentali), si è rimediato a un’iniziale previsione che riservava alla sola madre il trattamento di maggior favore: è ora previsto che detto periodo con indennità maggiorata possa essere fruito alternativamente da uno dei due genitori. Sull’Assegno Unico e Universale per Figli, in aggiunta alle maggiorazioni già previste nel disegno di legge iniziale, è stata inserita una maggiorazione del 50 per cento dell’AUUF anche relativamente agli importi percepiti per nuclei familiari con almeno 4 figli.