Per la Corte d'Appello, la legge regionale della Lombardia n. 16 dell'8 luglio 2016 in materia di accesso ai servizi abitativi pubblici presenta aspetti discriminatori ai danni dei cittadini stranieri, che vanno rimossi.
Accogliendo le ragioni che erano alla base del ricorso giudiziario, promosso da CGIL Lombardia, ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione) e NAGA (Organizzazione di volontariato per l’assistenza sociosanitaria e per i diritti di cittadini stranieri, Rom e Sinti), il Tribunale ha confermato la sentenza di primo grado, sottolineando come il requisito dei cinque anni di residenza continuativa, contenuto nel provvedimento legislativo regionale è da riteneresi irragionevole e discriminatorio.
Una questione sulla quale si era già pronunciata in tal senso la Corte Costituzionale, con diverse sentenze, ultima delle quali la n. 44 del 2020, dichiarando tale requisito "incostituzionale" e sottolineando come "le finalità proprie dell’edilizia residenziale pubblica sono quelle di garantire un’abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo ove è la sede dei loro interessi"; perciò un diritto primario e inalienabile.
Già in primo grado, il Tribunale territoriale aveva ordinato alla Regione Lombardia di modificare il Regolamento regionale ammettendo alle graduatorie i cittadini extra UE sulla base della medesima documentazione richiesta ai cittadini italiani, senza richiedere ulteriori documenti, anche in merito alla pretesa di dimostrare di non essere proprietario di un'abitazione nel paese di origine. Documentazione a volte impossibile da esibire.
C'è da sottolineare che la Regione Lombardia, prima della sentenza della Corte d'Appello, aveva adottato delle delibere provvisorie per rispondere all'ordinanza del giudice di primo grado, ma ora che la pronuncia è arrivata, sarà costretta a metter mano al Regolamento regionale cancellando definitivamente le norme giudicate discriminatorie e irragionevoli.
ASGI, NAGA e CGIL Lombardia hanno espresso piena soddisfazione per il risultato ottenuto che obbliga la Regione Lombardia ad abbandonare quelle scelte che, "non solo escludevano senza ragione i cittadini stranieri bisognosi residenti nel territorio, ma che erano anche fonte di inefficienze nel sistema di assegnazione degli alloggi, determinando così un danno all’intera collettività".