La residenza fittizia non ostacola la richiesta di cittadinanza italiana. Il Consiglio di Stato con ordinanza n. 4244 del 16 ottobre scorso, accogliendo le ragioni del ricorso promosso dai legali di Cgil e Inca contro la decisione della Prefettura di Roma di rigettare l’istanza di una persona titolare dello status di rifugiato, ha rinviato gli atti al TAR chiedendo di applicare i principi già stabiliti dal Supremo Collegio che aveva ritenuto la equiparabilità della iscrizione anagrafica presso una “via fittizia” o “via virtuale” con quella presso un indirizzo reale.
L’iscrizione anagrafica presso un indirizzo virtuale è lo strumento predisposto dai comuni attraverso il quale le persone senza fissa dimora possono usufruire di tutti i servizi socioassistenziali, sanitari e non, come l’iscrizione nelle liste elettorali e di collocamento. Un’opportunità riconosciuta dalla legge e che per Roma prende il nome di Modesta Valenti, la donna anziana deceduta in strada nel 1983, dopo ore di agonia nell’indifferenza generale, divenuta simbolo dei bisognosi e poveri.
Il Consiglio di Stato, con una brevissima ordinanza cautelare, ha rimesso gli atti al Giudice di primo grado (il TAR) sostenendo in linea di principio che è impugnabile il provvedimento d’inammissibilità della richiesta della cittadinanza e che è data la possibilità al giudice, di fronte a casi di diniego, di pronunciarsi anche con urgenza, come è accaduto nel caso esaminato. Soddisfazione è stata espressa dai legali di Inca Cgil. “La tesi da noi sostenuta – spiega l’avvocato Giulia Crescini – è che l’iscrizione anagrafica presso un indirizzo reale non sempre coincide con un inserimento economico e sociale, potendo un cittadino italiano o straniero fissare la propria residenza in qualsiasi luogo, fosse anche un terreno o una roulotte”. “Inoltre – chiarisce -, la mancanza di una residenza presso un indirizzo reale può essere collegato a motivi diversi, non necessariamente riconducibili ad una difficoltà economica; anche persone particolarmente benestanti potrebbero non riuscire ad eleggere la propria residenza, come può succedere nei casi di lunghi soggiorni in strutture alberghiere”.
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