Oggi, in Italia, 3 padri su 5 fanno ricorso al congedo di paternità. Il numero di persone che lo utilizza è più che triplicato dal 2013 al 2023, passando dal 19,1% dei padri aventi diritto al 64,5%, con una crescita più marcata fino al 2022. La fotografia emerge dagli ultimi dati diffusi da INPS e Save the Children.

Chi lo usa

Il congedo di paternità è sempre più utilizzato, ma non in maniera uniforme. La stragrande maggioranza è costituita da padri che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre solo il 20% degli stagionali vi ricorre.

Ad usufruire maggiormente del congedo sono i padri che hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato, un reddito annuo superiore ai 28.000 euro e lavorano in genere in aziende con più di 100 dipendenti. Ci sono disparità anche a livello geografico: al Nord viene utilizzato dal 76% dei padri aventi diritto, una percentuale quasi doppia rispetto quella osservata al Sud e nelle Isole.

Ma quali sono e come funzionano i congedi di paternità?

Il congedo di paternità alternativo

Il padre lavoratore ha diritto ai mesi di astensione dopo il parto solo nel caso di morte o di grave infermità della madre o di abbandono o di affidamento esclusivo del bambino/a al padre.

Il Testo Unico (Decreto legislativo 151/2001) ha recepito la sentenza n. 1/1987 della Corte Costituzionale, ottenuta dalla consulenza legale dell’INCA, che non è esagerato definire «di portata storica». All’articolo 28, si prevede che il padre lavoratore possa sostituire la madre per garantire comunque l’accudimento del neonato, se la madre muore, se è gravemente ammalata, se c’è l’affidamento esclusivo al padre, in caso di abbandono, per il periodo di congedo obbligatorio dopo il parto, o per una parte di esso, se la madre ne ha già usufruito parzialmente.

Il diritto a sostituire la madre nell’accudimento del figlio nei gravi casi previsti per i lavoratori dipendenti è stato poi esteso anche ai padri lavoratori autonomi e liberi professionisti, in base al decreto legislativo 80/2015.

Il congedo di paternità obbligatorio

Il congedo di paternità obbligatorio è un periodo di astensione dal lavoro riconosciuto ai padri lavoratori della durata di 10 giorni. Questo diritto si configura come un autonomo rispetto a quello della madre e può essere fruito dal padre lavoratore in via non continuativa e anche durante il periodo di congedo obbligatorio della madre. Il padre lavoratore può fruirne a partire dai due mesi prima della data presunta del parto ed entro i cinque mesi dalla nascita del figlio.

Con l’entrata in vigore dal 13 agosto 2022 del Decreto Legislativo n. 105/2022 il congedo di paternità obbligatorio è riconosciuto a tutti i lavoratori dipendenti compresi:

  • i lavoratori domestici
  • i lavoratori agricoli a tempo determinato
  • i lavoratori dipendenti di Amministrazioni pubbliche

I giorni di congedo obbligatorio sono indennizzati dall’INPS al 100% della retribuzione e sono validi ai fini del diritto e della misura della pensione.

NASpI in caso di dimissioni

Una importante novità riguarda la possibilità di accedere alla NASpI in caso di dimissioni volontarie durante il primo anno di vita del bambino da parte del lavoratore padre che ha fruito del congedo di paternità obbligatorio e/o facoltativo.

Ricordiamo che in precedenza questa possibilità era consentita soltanto alle lavoratrici madri e ai lavoratori padri solo nel caso di fruizione di congedo di paternità alternativo.

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