Cgil: difficile conciliare famiglia e lavoro
Nel 2019 le lavoratrici neo mamme che hanno lasciato il lavoro sono oltre 37mila, pari al 73% del totale (51.558). A rilevarlo è l’Ispettorato del Lavoro che ogni anno aggiorna le informazioni sulle convalide di dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, finalizzate a contrastare il drammatico fenomeno delle “dimissioni in bianco“. Per la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti e la responsabile Politiche di genere della Cgil nazionale Susanna Camusso si tratta dell'“L’ennesima allarmante conferma della difficoltà di essere madri e lavoratrici e di quanto siano necessarie forme positive di flessibilità del lavoro. Chiediamo un incontro al Governo: l’occupazione femminile deve essere al centro dell'agenda per la ripartenza del Paese”.
Secondo il rapporto, su 51.558 dimissioni volontarie, solo il 27% investe i papà, con un trend di crescita del 4% rispetto al 2018. La maggior parte delle 37mila donne dimissionarie ha indicato tra le motivazioni la difficoltà di “conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze di cura della prole”: si tratta per lo più di donne che non possono contare sul sostegno di nonni e parenti e che considerano troppo elevato il costo di asili nido o di baby sitter, oppure non sono riuscite ad ottenere l'iscrizione del proprio figlio nelle strutture pubbliche. Un fatto che fa emergere in modo evidente "il cronico disinvestimento nella scuola per l'infanzia (0-6). Un servizio non sufficiente, con costi spesso troppo alti, e addirittura assente in alcune parti del Paese. La politica dei bonus non riduce questo divario: occorrono forti investimenti strutturali”.
Per Scacchetti e Camusso “sarebbe però importante conoscere e utilizzare pienamente le informazioni che possono emergere da un’analisi compiuta dei dati sulle dimissioni volontarie, e per questo - ribadiscono - sollecitiamo un confronto urgente con Ministero del Lavoro, Ministero delle Pari opportunità e Inl”. “Non nascondiamo infatti la nostra preoccupazione che tra gli effetti della crisi Covid 19 vi sia un pesante arretramento delle possibilità di ingresso e permanenza delle donne nel mercato del lavoro. Proprio perché qualche effetto è già visibile - sottolineano - riteniamo indispensabile che il lavoro femminile sia assunto come prioritario per la definizione dell'agenda per la ripartenza”. “Se così non fosse - concludono la segretaria confederale e la responsabile Politiche di genere della Cgil - a rimetterci non sarebbero soltanto le donne, ma l'intero Paese, che già deve recuperare un divario negativo rispetto agli altri stati europei”.