Muore di Covid a soli 59 anni e l’Inail riconosce l’origine professionale del decesso in soli due mesi grazie alla denuncia istruita dall’Inca Cgil. Succede a Venezia, dove l’andamento della pandemia non accenna a diminuire. Solo in tre giorni, dal 29 al 31 dicembre dell'anno appena trascorso, il Patronato della Cgil ha istruito altre 30 denunce di infortunio sul lavoro causato dal coronavirus, come quella del dirigente scolastico D.F. che, purtroppo, si è conclusa nel modo peggiore, con il decesso ad aprile presso l’0spedale dell’Angelo.

Riconoscere il nesso causale non è stato semplice, affermano gli operatori dell’Inca di Venezia, che hanno assistito gli eredi per ottenere la tutela Inail.  “Grazie alla pazienza e alla costanza della famiglia – spiega Angelica Alfano, responsabile dei danni da lavoro per il Patronato della Cgil – siamo riusciti a ricostruire tutti gli spostamenti della vittima nei giorni precedenti il decesso, che ci hanno permesso di dimostrare come l’infortunio mortale fosse stato causato proprio dall’attività professionale . Giorni difficili in cui la scuola, che F.F. dirigeva, subiva pesanti ripercussioni nella sua organizzazione a causa dell’emergenza sanitaria”.   

Un fatto dolorosissimo, com’è quello dei tanti morti sul lavoro, che non si guadagnano quasi mai, se non per eventi eccezionali, qualche articolo di giornale.  Il decesso di D.F., ripreso tra le notizie di un quotidiano locale, ha comunque messo in chiaro che in Italia il sistema di protezione antinfortunistica nel nostro Paese c’è ed è un diritto di ogni lavoratore e di ogni lavoratrice rivendicarlo anche in questa drammatica emergenza sanitaria, commenta Silvino Candeloro, del collegio di presidenza Inca. “Nessuno potrà colmare la sofferenza dei suoi familiari  – spiega -, ma sapere che lo Stato può almeno alleviarla con aiuti economici è una cosa importantissima”.

Per il Patronato della Cgil, denunciare l’infortunio da Covid, quindi, è un diritto di tutti i contagiati; è necessario che si prenda coscienza di questo. C’è ancora ancora molta strada da fare per far capire che accedere alle tutele Inail è possibile. ”Rispetto ai numeri crescenti della pandemia, riferisce Candeloro, le denunce all’Inail sono ancora scarse, come se ci fosse ancora timore ad avviarle. Invece, c’è la necessità di incoraggiarle per non lasciare nessuno nella propria sofferta solitudine.

Seppur comprensibili eventuali dubbi, da parte dei lavoratori e delle lavoratrici, considerando che si tratta di una condizione inedita di infortunio, Candeloro rassicura: “Anche a fronte di perplessità, in caso di contagio, la denuncia all’Inail va fatta perché sarà poi il Patronato Inca Cgil a farsi carico di ricostruire le circostanze del contagio per ottenere la giusta tutela”.

“E’ anche questo un modo – conclude - per ribadire che il nostro Paese è uno Stato diritto, fondato sulla dignità, la solidarietà, l’universalità e l’uguaglianza.  Su questi valori, l’Inca ha costruito la sua immagine e su questi valori intende andare avanti con campagne di informazione rivolta ad ogni lavoratrice e lavoratore contagiato, affinché sia effettivamente esigibili le tutele previste dalle normative vigenti".     

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