Grazie all'Inca, la Corte d'Appello di Roma respinge la tesi di Inps sugli indebiti, secondo cui il disoccupato, percettore di ASPI, deve restituire l'indennità solo perché ha raggiunto i requisiti pensionistici, senza avere fatto domanda di pensione.
di Lisa Bartoli
Perde il lavoro, l’Inps gli paga per un anno l’indennità ASPI, ma poi dopo aver fatto regolare domanda di pensione di anzianità, l’Istituto Previdenziale Pubblico gli chiede di restituire le somme già percepite come disoccupato, a partire dalla data in cui aveva raggiunto i requisiti pensionistici, senza che avesse ancora fatto regolare domanda di pensionamento, trasformando automaticamente il sussidio già percepito in un indebito. Un’interpretazione paradossale della normativa sugli ammortizzatori sociali, per fortuna respinta dai giudici di merito con la sentenza n. 1127/2021, pubblicata il 6 aprile scorso dalla Corte d’Appello di Roma – III sezione Lavoro e Previdenza.
Il caso, analogo ad altri due pendenti a Firenze e Genova, prende origine da un ricorso patrocinato dall’avvocato Rosa Maffei, consulente legale di Inca, che si oppone alla pretesa di Inps, dopo aver verificato come le due prestazioni – Aspi e pensione di anzianità – non si fossero mai sovrapposte, essendo state erogate in periodi diversi: l’indennità Aspi gli era stata pagata dal 16 marzo 2014 al 28 febbraio 2015, mentre la pensione di anzianità gli era stata corrisposta, a seguito di una regolare richiesta, con decorrenza dal 1° marzo 2015, senza l’evidenza di alcuna sovrapposizione tra le due prestazioni. Ciononostante, l’Inps sin dal primo assegno mensile di pensione corrisposto provvede a pianificare il recupero delle somme già pagate, decurtando i ratei per recuperare complessivamente ben oltre 11 mila euro, cioè l’intero ammontare dell’indennità di disoccupazione già erogata.
Il Tribunale di primo grado dà ragione al legale di Inca, ma l’Inps resiste e propone la causa in Appello ritenendo che “la normativa regolatrice della materia – se letteralmente interpretata - prevedeva la decadenza dell’indennità al momento del raggiungimento dei requisiti della pensione”. Per Inps, quindi, anche se la pensione non è ancora acquisita perché manca la regolare domanda, il solo diritto astratto è sufficiente per giustificare l’indebito, attribuendo al cittadino la “singolare colpa” di non avere esercitato il suo diritto per tempo, pur avendo raggiunto i previsti requisiti di legge. Quindi, secondo l’Inps, la pensione decorre a partire dalla domanda, mentre l’Aspi decade automaticamente non appena l’inconsapevole malcapitato ne ha potenzialmente acquisito il diritto. “Una interpretazione aberrante – spiega l’avvocato Maffei – che addirittura confligge con l’articolo 38 della Costituzione, poiché lascia l’ignaro cittadino senza la protezione sociale, non potendo aspirare ad ottenere né gli arretrati di pensione di anzianità, che ha effetto a partire dalla domanda, né l’indennità di disoccupazione, per la quale l’Inps chiede la totale restituzione”.
Al momento non è dato sapere se, in questo caso, l’Inps ricorrerà in cassazione per difendere la sua posizione. Desta comunque preoccupazione che lo abbia già fatto a Firenze impugnando una sentenza analoga emessa dalla Corte di Appello territoriale.