Un’altra sentenza del Tribunale di Firenze accoglie il ricorso patrocinato dai legali di Inca condannando l’Inps a restituire le somme trattenute sulla pensione anticipata di un lavoratore, percettore di NASpI.
di Lisa Bartoli
Ancora una volta l’Inps è condannato a riconoscere il diritto all’indennità di disoccupazione NASpI fino alla effettiva decorrenza della pensione anticipata di anzianità. Dopo la sentenza (n. 1127/2021) della Corte d’Appello di Roma – III sezione Lavoro e Previdenza), anche il tribunale ordinario di Firenze decide in tal senso, accogliendo il ricorso patrocinato dall’avvocato Maria Gabriella Del Rosso, legale di Inca Toscana. Respinta, quindi, l’interpretazione dell’Inps secondo cui L.F., che è stato licenziato dall’azienda per cui lavorava, avrebbe perso il diritto al mantenimento della NASpI, con corrispondente diritto dell’Inps al recupero delle somme versate a tale titolo, nel cosiddetto periodo finestra e quindi dalla maturazione dei requisiti alla pensione, ancora prima di inoltrare domanda di pensionamento.
La dinamica della storia è la stessa di tante altre: L.R. fa domanda di NASpI il 2 gennaio 2019, per disoccupazione involontaria; percepisce l’indennità a partire dal 23 marzo e il 10 settembre dello stesso anno fa domanda di pensione anticipata, che gli viene liquidata con decorrenza il primo ottobre. Dopo soli 21 giorni, l’Inps gli chiede la restituzione dell’indennità di disoccupazione, percepita dal primo giugno al 30 settembre 2019 e, senza perdere troppo tempo, provvede al recupero delle somme percepite che si sono trasformate in ”indebito”, decurtando i ratei mensili dell’assegno pensionistico, di 200 euro ciascuno, a partire dal primo gennaio 2020. Neppure il ricorso amministrativo fa desistere l’Inps dalle sue posizioni e lo respinge richiamando la normativa che disciplina la materia (D.L. 4/2019 e l’articolo 2, commi 40 lett. C e 41 della legge 92/2012.
Un richiamo che però il tribunale considera inappropriato poiché, afferma, la norma prevede che “la decadenza (dal diritto) si realizza dal momento in cui si verifica l’evento che la determina (cioè il pensionamento), con l’obbligo di restituire l’indennità che eventualmente si sia continuato a percepire”. In buona sostanza, se non c’è domanda di pensione, che è l’elemento costitutivo del diritto, non c’è la sovrapposizione di due prestazioni, per le quali il legislatore ha previsto l’incompatibilità. Per il giudice, quindi, retrodatare la decadenza dal diritto al solo raggiungimento dei requisiti pensionistici, lascerebbe il lavoratore senza alcuna protezione, in contrasto con l’articolo 38 della Costituzione. Con queste motivazioni il tribunale ha disposto l’integrale accoglimento del ricorso e ha condannato l’Inps alla restituzione di quanto finora trattenuto sulla pensione, oltre al pagamento degli interessi maturati.