Se si è in possesso dei requisiti di legge, è ingiustificato rifiutare una prestazione previdenziale perché la domanda contiene riferimenti normativi errati. Spetta comunque all’Inps "verificare la sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio richiesto, senza opporre formalistiche interpretazioni delle norme".
Con questa motivazione la Corte d’Appello di Ancona, chiamata a pronunciarsi dopo un’ordinanza della Cassazione, ha riconosciuto il diritto di un lavoratore alla pensione di vecchiaia, al quale l’Inps aveva posticipato la decorrenza della prestazione di due anni, pur avendo raggiunto già i requisiti ordinari per la pensione di vecchiaia, perché nella originaria domanda amministrativa era stata erroneamente richiamata la norma sulla Salvaguardia ex Legge 214/2011, senza allegare la relativa istanza di accesso alla Direzione territoriale del lavoro.
Grazie agli avvocati dell’Inca Cgil, Carla Fioravanti e Paolo Boer, quindi, viene riconosciuta l'originaria decorrenza al trattamento pensionistico, nel frattempo concesso con una perdita di quasi due annualità di ratei, riconoscendo da un lato la valenza della domanda presentata, seppure con un errato riferimento alla salvaguardia e dall’altro, sottolineando il vincolo dell’Inps ad attivare le necessarie valutazioni e verifiche.
La sentenza scaturisce a seguito della pronuncia di Cassazione emessa nel luglio 2020, che ha cassato parzialmente quanto deciso dai giudici di merito del Tribunale di Avezzano e poi confermato dalla Corte dell’Aquila, secondo i quali poiché l’istanza amministrativa riguardava “unicamente la pensione di vecchiaia con salvaguardia”, era legittimo il rigetto della richiesta da parte di Inps, che ha fatto decorrere la pensione solo a partire dalla seconda domanda corretta, “a nulla valendo che, nel caso concreto, sussistessero già i requisiti per qualificarla come domanda di pensione ordinaria”.
La colpa del lavoratore è quindi di aver presentato la prima richiesta indicando di volersi avvalere della salvaguardia prevista dalla legge 214, di cui non aveva bisogno, considerando già il possesso dei requisiti per il pensionamento ordinario attraverso l’accredito dei contributi figurativi, cui aveva diritto. Per Inps, invece, il solo richiamo errato è stato sufficiente per rigettare l’istanza, adducendo “difficoltà di interpretazione di quanto richiesto”.
Per l’Alta Corte, invece, la domanda di pensione, sia pure recante il riferimento alla salvaguardia, è idonea ad attivare il procedimento preordinato alla verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della prestazione richiesta e, nel contempo, a mettere a conoscenza l’Inps di tutti gli elementi occorrenti per valutare le condizioni per il riconoscimento della pensione di vecchiaia secondo i criteri ordinari. Quindi, l’Istituto previdenziale pubblico avrebbe dovuto scrutinare la domanda secondo quei criteri, avvalendosi, nel caso di dubbi al riguardo, dei chiarimenti dell’istante.
Pertanto, in applicazione della pronuncia di Cassazione, la Corte d’appello di Ancona ha riconosciuto il diritto alla pensione di vecchiaia fin dalla prima istanza, secondo i criteri ordinari, quindi, indipendentemente dalla salvaguardia di cui alla legge n. 214 del 2011, riportata nella domanda amministrativa.