In una domanda amministrativa, gli errori formali non devono pregiudicare l’ottenimento di una prestazione previdenziale, se la documentazione allegata consente di certificarne il possesso dei requisiti richiesti dalla normativa di riferimento. Ancora una volta, un altro Tribunale (di Pescara) accoglie un ricorso patrocinato dai legali dell’Inca, in questo caso l’avvocato Matteo Tresca, per ribadire come l’Inps non possa rigettare la richiesta di prestazione solo perché il lavoratore ha indicato erroneamente una fattispecie cui non rientrava.
Nella causa n. 190/2022 del 22 giugno scorso, il lavoratore si era rivolto all’Inps per ottenere l’indennità omnicomprensiva (ex art. 10, comma e, D.L. n. 41/2021) di 2.400 euro, prevista per gli addetti al settore del turismo e degli stabilimenti termali, poi estesa anche ad altre categorie, che avessero perso il rapporto di lavoro involontariamente e che potessero vantare almeno 30 giornate effettive di attività, senza percepire nessun supporto NASpI.
Nella domanda amministrativa, il lavoratore si era dichiarato appartenente alla categoria degli stagionali di “settori diversi dal turismo/stabilimenti termali”, pur avendo invece lavorato esclusivamente in tale ambito, come si poteva facilmente evincere dalla documentazione allegata alla richiesta. Ciononostante, l’Inps aveva rigettato la richiesta ritenendola formalmente sbagliata.
Richiamando l’orientamento di Cassazione, che si è già espresso in tal senso in numerose altre cause, il Tribunale di Pescara ha affermato che “…un errore formale nella proposizione della domanda non può risolversi in una causa di improponibilità della richiesta. A maggior ragione, inoltre, se con la documentazione fornita, è possibile ottenere le informazioni necessarie per l’accettazione della domanda amministrativa”. Da qui la decisione del Giudice di riconoscere il diritto alla indennità richiesta e la conseguente condanna dell’Inps al pagamento della prestazione.