Per il pensionamento valgono i requisiti vigenti al momento della domanda. È quanto ha ribadito la Cassazione con l’ordinanza n. 00450/23 accogliendo un ricorso patrocinato dai legali di Inca Cgil, in favore di una persona invalida che si è vista respingere dall’Inps la domanda di pensione di invalidità facendole perdere i benefici di legge previsti per i disabili gravi.
Il contenzioso nasce da una spinosa questione che riguarda il requisito anagrafico per accedere alle prestazioni previdenziali che, con l’adeguamento alla speranza di vita, è sottoposto a continue modifiche. Tale principio viene applicato a tutte le forme previdenziali, comprese le pensioni di invalidità che, raggiunta l’età di vecchiaia, sono sostituite dall’assegno sociale, il cui importo è però, in questa fattispecie, più sostenuto rispetto alla generalità degli altri assegni. Da qui l’interesse della donna di far valere il proprio diritto alla pensione.
Al momento della domanda di invalidità, marzo 2019, la donna, nata nel maggio 1952, non aveva compiuto ancora i 67 anni di età e dunque nulla ostacolava l’accoglimento dell’istanza. Ma non per l’Inps che pretendeva di far valere la decorrenza della norma che aveva aumentato l’età di vecchiaia a 67 anni di età a partire dal gennaio 2019.