Non è mai troppo tardi: Dopo oltre 20 anni l’Inail riconosce la rendita ai superstiti, comprensiva degli arretrati, ad una donna, rimasta vedova dopo la morte del marito causata dall’esposizione all’amianto. Ammonta ad oltre 300.000 euro la cifra che, grazie all’azione legale promossa dal patronato Inca CGIL, l’Inail dovrà versare alla donna. Questo è quanto ha stabilito il Tribunale di Lucca con sentenza n. 279/2023, divenuta definitiva, che obbliga l’INAIL anche al pagamento dell’assegno funerario. Respinta, dunque, la richiesta dell’Istituto che ha eccepito la prescrizione dei terminiIl caso risale al febbraio 1999 quando al sig. G.G. è stato diagnosticato un carcinoma polmonare a cellule squamose; un tumore molto grave che ne ha causato la morte nel giugno dello stesso anno.

È solo nel 2017 però, che la vedova si rivolge all’Inca per verificare se il tumore del marito fosse causato dal lavoro considerato che, grazie ad un progetto dell’istituto PISL (Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di lavoro), era venuta a conoscenza che l’amianto presente in azienda, poteva avere provocato la malattia. Il marito, infatti, aveva lavorato dal 1956 al 1981 prima alla Fervet dove si occupava della riparazione di carri ferroviari, poi nei cantieri navali SEC di Viareggio; e in entrambe le attività era largamente diffuso l’uso di quella che ormai è definita la “fibra Killer”.

Il patronato della Cgil di Pietrasanta, con il supporto del medico convenzionato, segnala all’INAIL la malattia professionale e contestualmente avanza la richiesta di rendita ai superstiti, con decorrenza dalla morte del coniuge. L’Inail, tuttavia, rigetta la domanda eccependo la prescrizione, i cui termini di decorrenza, secondo l’Istituto, sarebbero dovuti risalire al momento del decesso (1999).

Di risposta l’Inca, con il supporto dell’avvocato Carla Genovali , decide di andare avanti promuovendo il contenzioso giudiziario nei confronti dell’ Inail, con la convinzione che invece il “dies a quo” da considerare per la prescrizione fosse il 2017, momento in cui la vedova era venuta a conoscenza della possibilità del nesso tra la malattia del coniuge e la mansione svolta nei luoghi di lavoro.

Con questa pronuncia, il giudice, dunque, ha confermato quanto sostenuto dai legali dell’Inca e ha accolto in toto la richiesta avanzata dai legali, condannando l’Inail a riconoscere la rendita ai superstiti con decorrenza dalla data del decesso del coniuge, giugno 1999. 

Secondo Sara Palazzoli, del collegio di presidenza dell’Inca, “questa sentenza è di notevole importanza perché riporta alla luce la problematica dell’esposizione all’amianto anche dopo molti anni ed è anche la dimostrazione di come i diritti e la tutela per i danni alla salute nei luoghi di lavoro, non vanno in pensione”. Per questo, sottolinea ancora Sara Palazzoli, “c’è ancora molto da mettere in campo per l’emersione delle patologie di origine lavorativa, in particolare le neoplasie, in modo che possano essere tutelate correttamente da Inail e non trattate come malattie comuni dall’INPS, per garantire ai lavoratori o agli eredi la giusta tutela”.

 

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